peng 

PENG vol V – La sintassi

 

Peng è un ragazzo che viene dall’Oriente, nelle cronache Venezia, visita la Città Razionale e nel primo volume, PENG Il miliardo sulla falsariga del Milione di Polo, ne scopre i paradossi. Anche la società alternativa, il quartiere operaio ha i suoi controsensi per lo meno fin che non scoppia la contestazione operai studenti. Il brano conclusivo del primo volume è epico, è offerto come saggio in vendita e può essere richiesto alla libreria. Il secondo volume si intitola PENG La Rivoluzione;

il terzo PENG Il sistema;

il quarto PENG La citta ideale;

il quinto PENG La sintassi.

In PENG La rivoluzione, il fondale sembra il Quartier Latin di Phoenix Arizona, di fatto emergono quelli che non si sono rivoltati ma noi guidiamo i tram e quindi si prendono la cassa con i soldi dei biglietti di viaggio che qui si chiamano <titoli o elementi narcisi per dirigersi al sedile, da obliterare>

Il terzo volume, PENG Il sistema, fa il ritratto in una città smagata, rifatta e imposimata di quanti, titolari dei maggiori scandali si sono attrezzati per lasciare il passo al decurione comico, un capatraz delle soap operas che in faccia al mondo dice <io vi rappresento. Tutti possiamo esser tangentari o donnaioli visto che le femmine liberate ci inseguono> Naturalmente il tempo si incarica appiattirlo e Peng che con Frine, la sua ragazza e il ghinotecnico, un collezionista di sciantose, ha frattanto esplorato altre società, dal Buthan alla Corea, da quella di Alcatraz a quella di Toledo, celebre per le lame, rientrato in sud Europa visita la Città Ideale, quarto volume e quindi il quinto La Sintassi della stessa, basata su una civiltà classica applicata e perciò in tensione per un nuovo rinascimento planetario (Ελληνική δημοκρατία)

Qui è proposto come saggio un brano dell’undicesimo capitolo del V vol

 

 

PENG

nella via dei concubini cfr I volume che adesso è quella dei bambini

 

Canopia, nome non spendibile sul web, meglio chiamarsi Kathy o Carmen della contea di Camden, località che è pure a New York, in fondo alla Quinta fra la Osiris basilica, la sauna di Malpiero, la moschea Aschenazi e la sede della giunta dei prosseneti della lap dance in parade, ma la ragazza sosteneva di esser nata sulla stella Canopo per cui niente da fare. Certo aveva un che della stella che si voleva fosse l’ex pilota della nave Argo trasfigurato dal poeta, soprattutto il candore e la luce delle ciglia quasi invisibili, orientali e soprattutto l’innocenza sua interiore.

Alcuni avevano sparato sui tabloid che fosse stata promessa sposa a sei anni al sultano del Biafra che l’aveva comperata donando una carrozza d’oro massiccio da quattrocento tonnellate al padre, altri che fosse stata riscattata dal playboy e petroliere Adaman Kashoggi con quattro corsieri arabi che costretti alla pietra della macina avevano in un’ora fabbricato ottomila sacchi di farina, tanti da fornire il pane a tutta la medina.

 

Canny non si scomponeva a queste voci, sorrideva.

 

S’era affiancata al ghinotecnico, se n’era innamorata subito, l’aveva conosciuto a scuola, disse e quando N.A.C Nikos Anastasia Crisostodoulos, come si ricorderà, il nome per intero, scrollati i suoi antecedenti di presunto libertino qual si fa con un pugno di neve dalla parka (dotata di cappuccio e stilata nel Mysore) s’improvvisò devoto candidato alla sua mano e la condusse all’altare secondo il rito dell’Ortodossia.

Egli si rammentava di sua madre, giunta vergine alle nozze, vissuta fedele ad un suo uomo tutta la vita, aveva generato tre marmocchi, due sorelle oltre a lui ed era stata felice. L’unica impresa derogante che le riconosceva era quando lo prendeva per mano alle sette del mattino, loro vivevano nel Peloponneso dove i chicchi d’uva di Larissa quando matura erano grandi neri torbidi che parevano stille di cobalto per gli anelli ed i pendagli di madame Faruk, l’esule indovina che teneva banco sulle rive del Tamigi e, suggerendogli silenzio che suo papà non li sentisse, se ne spiccava un paio riempendosene la blusa fatta cesto o cuna. Il marito infatti amava fare ettolitri di vino per le cantine di Lisbona e Oporto.

Della famiglia che Canny s’era così voluta c’è una foto dei due coniugi giovanissimi seduti sui gradini della nuova casa con sala luminosa, camere al secondo piano e piccoli col moccio interessati al selfie sul crocevia di Staten Island per il porto e quindi l’astroporto, Nikos infatti lavorava ai teletrasporti per la base luna e ringraziando nelle preghiere serotine il Signore che vegliava su di loro erano felici come si confà ai mortali che hanno una spontanea strategia. Se si è creature infatti si ordinano passioni e sentimenti secondo il software da Lui voluto che è dentro di noi.   

 

 

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